Vai al contenuto

Covid 19 è infortunio sul lavoro

  • News

La Circolare Inail n. 13/2020 ha dettato importanti chiarimenti sulla tutela delle malattie da Coronavirus ed ha previsto due fondamentali categorie di rischio professionale, con rilevanti effetti giuridici, sul piano probatorio, nelle azioni giudiziarie per il riconoscimento dell’infortunio sul lavoro.

La Circolare ha adottato regole per la disciplina dell’istruttoria amministrativa, con previsioni fortemente innovative, prevedendo anche una nuova e peculiare figura di infortunio in itinere.

Il sistema di tutela dell’Inail è ancora incentrato nel concetto di rischio professionale, connaturato alla intrinseca pericolosità del lavoro. Il rischio professionale è pertanto sia presupposto della tutela Inail, ai sensi dell’art. 38 Cost., sia elemento costitutivo del diritto alla prestazione assicurativa, ai sensi degli artt.2 e 3 del Dpr.1124/64 (Testo unico infortuni sul lavoro e malattie professionali).

Nel caso di infezioni da Coronavirus, l’Inail, sia con la Circolare n. 13/2020, sia con la Nota del 17 Marzo 2020, ha inquadrato le affezioni che dovessero colpire il lavoratore come infortunio sul lavoro, sulla scia dell’orientamento giurisprudenziale consolidato in materia di malattie infettive e parassitarie per le quali la causa virulenta è equiparata alla causa violenta e delle disposizioni della Circolare 74/1995.

L’infezione da Covid 19 ha però caratteristiche peculiari che la contraddistinguono rispetto ad altre infezioni morbose e parassitarie, non per le caratteristiche intrinseche del contagio o dell’attività virulenta dell’agente patogeno, bensì per il contesto pandemico ed universale nel quale il contagio si colloca.
Tale contesto pandemico rende praticamente impossibile stabilire con certezza se la malattia sia stata contratta nell’ambiente lavorativo o sociale/ familiare.

Nell’ottica del buon andamento dell’attività amministrativa e della trasparenza, si è imposto pertanto un chiarimento da parte dell’Inail per l’individuazione del rischio professionale connesso al contagio del virus.
Per l’individuazione del rischio assicurato, l’Inail ha, dunque, adottato i criteri della ragionevolezza, connesso al principio di presunzione semplice, ed il criterio logico -scientifico, connesso ad un principio di presunzione qualificata.

In particolare l’Inail ha distinto due fondamentali categorie di lavoratori.
Nella prima si collocano i lavoratori esposti ad elevato rischio sanitario, quali, in primis, gli operatori sanitari e poi tutti i lavoratori che si trovino a contatto col pubblico /utenza (quali ad esempio i lavoratori di front office, cassieri, banconisti, addetti alle pulizie in strutture sanitarie ecc.).
Nella seconda categoria rientrano tutti gli altri lavoratori.

Per espressa previsione della Circolare la prima categoria non è chiusa ed in essa rientrano quindi tutti i soggetti che (previo accertamento in concreto) si trovino a contatto o con il virus (ad esempio lavoratori addetti alle pulizie ma anche alle pompe funebri) o con l’utenza.
Per la prima categoria il rischio professionale viene individuato mediante l’applicazione del principio di presunzione semplice di origine professionale, stante l’elevato rischio di contagio insito nella mansione espletata, mentre per la seconda categoria di lavoratori, allorché non sia possibile risalire all’episodio che ha determinato il contagio e non si possa presumere la correlazione tra attività prestata e contagio, vale invece il criterio scientifico medico-legale, generalmente accolto, che privilegia i seguenti elementi: epidemiologico, clinico, anamnestico e circostanziale.

Tale configurazione di due categorie di lavoratori ha importanti conseguenze sotto il profilo probatorio per la parte che agisce in giudizio per la tutela del proprio diritto sostanziale in caso di mancato riconoscimento dell’infortunio da parte dell’Ente.

Nel caso di lavoro appartenente alla prima categoria, l’istante dovrà provare il contagio del virus. Incombe invece sull’Inail la prova rigorosa che il contagio sia avvenuto in un contesto extra lavorativo. Si realizza pertanto un’inversione dell’onere probatorio perché l’Inail deve allegare fatti storici e provare, rigorosamente, che il contagio non abbia origine lavorativa (ad esempio dimostrando che il contagio sia avvenuto in ambito familiare).
Nel caso di lavoro appartenente alla seconda categoria, invece, l’onere di allegazione e prova a carico dell’istante è più gravoso perché, seppure si prescinde dall’esatta individuazione del momento del contagio, l’istante deve comunque allegare e provare fatti o circostanze che consentano di presumere che il virus sia stato contratto nell’ambiente di lavoro.

Per i lavoratori rientranti nella seconda categoria, quindi, l’onere della prova è interamente a carico dell’istante mentre all’Inail compete o la controprova dei fatti allegati dalla controparte oppure la prova dell’interruzione del nesso causale tra il lavoro e l’evento.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *