Vai al contenuto

Messaggi WhatsApp e s.m.s: natura di prova documentale e modalità di acquisizione

La Seconda Sezione penale della Corte di Cassazione, con sentenza n. 39529 del 1° luglio 2022 (motivazione depositata il 19 ottobre 2022), è tornata a ribadire il valore di prova documentale dei messaggi “WhatsApp” e degli s.m.s. conservati sulla memoria di un telefono cellulare, riconoscendo legittima l’acquisizione, da parte del Giudice e come mezzo di prova a carico dell’imputato, delle fotografie (c.d. screenshot) che ne riproducono il contenuto.

Nel caso di specie, con specifico riferimento all’utilizzabilità dei messaggi WhattsApp oggetto della testimonianza resa dalla persona offesa, la Suprema Corte si è appiattita sulla più recente giurisprudenza di legittimità, per la quale “in tema di mezzi di prova, i messaggi “whatsapp” e gli sms conservati nella memoria di un telefono cellulare hanno natura di documenti ai sensi dell’art. 234 cod. proc. pen., sicché è legittima la loro acquisizione mediante mera riproduzione fotografica, non trovando applicazione né la disciplina delle intercettazioni, né quella relativa all’acquisizione di corrispondenza di cui all’art. 254 cod. proc. pen.” (Sez. 6, n. 1822 del 12/11/2019 dep.2020, Tacchi, Rv. 278124 – 01), poi aggiungendo che, qualora non sia in corso un’attività di captazione delle comunicazioni, “il testo di un messaggio sms, fotografato dalla polizia giudiziaria sul display dell’apparecchio cellulare su cui esso è pervenuto, ha natura di documento la cui corrispondenza all’originale è asseverata dalla qualifica soggettiva dell’agente che effettua la riproduzione, ed è, pertanto, utilizzabile anche in assenza del sequestro dell’apparecchio” (Sez. 1, n. 21731 del 20/02/2019, Alabi, Rv. 275895 – 02).

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *