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Art. 707 c.p: possesso ingiustificato di chiavi alterate o grimaldelli, definizione di strumenti atti a sforzare serrature

La Seconda Sezione penale della Corte di Cassazione, con sentenza n. 29344 del 10 giugno 2022 (motivazione depositata il 22 luglio 2022), ha fornito la definizione degli “strumenti atti ad aprire o a sforzare serrature”, dei quali l’art. 707 c.p. punisce il possesso ingiustificato dalla situazione concomitante.

Secondo l’insegnamento costante della Suprema Corte, per serratura si deve intendere, conformemente alla finalità preventiva della disposizione di cui all’art. 707 c.p. – che è quella di prevenire delitti contro il patrimonio – qualsiasi congegno idoneo a chiudere e a salvaguardare, mediante il meccanismo di cui è formato, il bene che con esso si intende tutelare.

Pertanto, rientra nella prescrizione della norma citata, quale strumento atto ad aprire o a forzare serrature, ogni mezzo che possa servire a distruggere o demolire, e non solo ad aprire, i congegni sopraindicati, così vanificandone la funzione.

Tali strumenti, dunque, non sono solamente quelli atti a scardinare serrature esterne, ma anche congegni di protezione che possono trovarsi all’interno di abitazioni come casseforti o forzieri, o custodie rinforzate, non potendosi affatto escludere, con riguardo allo strumento oggetto di contestazione (un flessibile con disco per il taglio di acciaio e ferro, filo di corrente munito di chiave montadisco e una tenaglia in ferro), che l’alimentazione venga fornita all’uopo mediante allaccio abusivo alla rete elettrica presente nell’abitazione. Ciò che rileva, infatti, è che lo strumento sia dotato di potenziale attitudine ad operare su serrature o altri analoghi congegni tant’è che in quest’ottica configurano strumenti nel senso voluto dalla norma incriminatrice anche oggetti di uso comune nella vita quotidiana, laddove le circostanze concrete depongano univocamente per la loro destinazione alla finalità preventiva perseguita dalla disposizione incriminatrice.

Del resto, una lettura dell’art. 707 c.p. nel senso di ricondurre nell’alveo della fattispecie soltanto quegli atti preparatori volti a un’aggressione ai congegni esterni di protezione delle abitazioni avrebbe una valenza riduttiva, in quanto la finalità preventiva abbraccia il patrimonio in quanto tale e, dunque, si pone quale reato ostacolo rispetto a tutte le modalità della condotta che possano accompagnare la successiva commissione del reato contro il patrimonio e, dunque, anche le sue concrete modalità di esecuzione che possono volgersi anche contro beni che, in ragione del loro intrinseco valore, possono essere aggrediti dall’interno, così arrecando un danno al soggetto passivo del reato. Si tratta cioè di un’interpretazione della fattispecie volta ad assicurare una piena tutela alla proprietà privata, in ossequio alla disposizione di cui all’art. 42 Cost., comma 2.

Nè ai fini dell’esclusione della contravvenzione vale il rilievo che lo strumento atto a scassinare laddove fosse utilizzato all’interno dell’abitazione sarebbe assorbito nella circostanza aggravante del furto di cui all’art. 625 c.p.. La contravvenzione, infatti, opera su un piano del tutto differente, trattandosi di un reato ostacolo che presuppone che non sia stato neppure compiuto un tentativo punibile, assolvendo ad una funzione eminentemente preventiva. Laddove, invece, vi sia un nesso di immediatezza e di strumentalità tra il possesso degli arnesi, il bene preso di mira e la commissione (anche tentata) del furto, allora opererà il principio di specialità, con prevalenza della fattispecie delittuosa.

In caso contrario si verrebbe a determinare una selezione dei beni patrimoniali da proteggere in relazione alla tipologia degli strumenti da scasso detenuti, contrariamente agli obiettivi di tutela avuti di mira dalla disposizione in commento. Il rapporto invece deve essere inverso: è attraverso l’individuazione dell’oggetto materiale della tutela che passa la definizione di strumento atto allo scasso.

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