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Il Dl “rilancio” esclude i professionisti dal bonus e dai finanziamenti a fondo perduto

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L’articolo 25 del nuovo Decreto Rilancio contiene una nuova agevolazione per imprese e professionisti: il contributo a fondo perduto.

Per il bonus di 600 euro, se per l’ormai passato mese di aprile è stato previsto l’automatico rinnovo per i soggetti iscritti alla gestione separata, a quella degli artigiani e commercianti ed alle altre gestioni speciali dell’AGO, per il mese di maggio sono previste significative novità, tanto nei requisiti (è necessario aver subito importanti cali di attività) che nelle modalità di richiesta ed erogazione.

La nuova previsione del fondo perduto spetta a:
• Tutti i soggetti che conseguono reddito di impresa, in qualunque forma giuridica (individuali, società di persone, società di capitali, ma anche enti non commerciali, nell’ambito delle eventuali attività commerciali svolte);
• i professionisti titolari di partita IVA (salve le diverse eccezioni sottoelencate);
• i soggetti titolari di reddito agrario con partita IVA.
Sono esclusi esplicitamente:
• i soggetti la cui attività risulti cessata al 31 marzo 2020;
• gli enti pubblici;
• gli intermediari finanziari e le società di partecipazioni;
• i professionisti iscritti alla gestione separata (che, oltre ai 600 euro di aprile, se rispettano le condizioni previste godono del bonus 1000 euro Inps di cui al comma 2 dell’art. 89);
• i lavoratori dello spettacolo (che fruiscono per aprile e maggio dell’indennità da 600 euro di cui al comma 9 dell’art. 89);
• i lavoratori dipendenti ed i professionisti iscritti alle casse di previdenza di diritto privato (ordini professionali).

L’articolo 25, riconosce dunque il contributo a fondo perduto del 10%-15%-20% ai soggetti esercenti attività d’impresa e lavoratori autonomi, titolari di reddito agrario e di partita Iva, il cui fatturato del mese di aprile 2020 risulti inferiore ai due terzi dell’ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2019, nonché a coloro che hanno iniziato l’attività a partire dal primo gennaio 2019.

Il passaggio incriminato è appunto al comma 2 in cui avviene l’esclusione dei professionisti: tra i soggetti non aventi diritto ci sono, infatti, anche tutti coloro che risultano iscritti agli enti di diritto privato di previdenza obbligatoria. Un passaggio ritenuto discriminatorio dalle rappresentanze istituzionali dei professionisti.

A protestare sono il Consiglio nazionale forense, Il Consiglio nazionale consulenti del Lavoro e i Consigli nazionali di ingegneri, agronomi e forestali, agrotecnici, architetti, assistenti sociali, commercialisti, geologi, geometri, giornalisti , notai, periti, psicologi, doganali, tecnici alimentari, chimici, fisici, infermieri, ostetrici, tecnici sanitari e veterinari, che denunciano «una scelta inaccettabile, che dimostra una volta di più un atteggiamento sostanzialmente punitivo della politica nei confronti di un settore determinante per il sistema economico del nostro Paese che, esattamente come tutte le altre realtà del mondo del lavoro autonomo e dipendente, sta attraversando una fase di enorme difficoltà che necessita di un sostegno concreto da parte dello Stato.

Avevamo – continuano – già denunciato la disparità di trattamento riservataci nel Dl Cura Italia. La modifica appena apportata al Dl Rilancio è una conferma della scarsa consapevolezza dei problemi di milioni di lavoratori. Ci batteremo per modificare questa norma e affinché ci sia un’equiparazione tra le misure per le imprese e quella per i professionisti. Gli Ordini e i Collegi professionali – concludono – chiedono al Governo un intervento per sanare questa evidente disparità di trattamento». E protestano anche i giovani avvocati di Aiga, che promettono battaglia in caso di un mancato adeguamento del testo.

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