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Figlio non riconosciuto: l’accesso alle generalità della madre incapace è consentito solo per la tutela della salute

Con l’ Ordinanza n. 22497 del 9 Agosto 2021 la Prima Sezione della Corte di cassazione, in tema di diritti della persona nata da parto anonimo, ha affermato:

il diritto a conoscere l’identità della madre deve essere contemperato con la persistenza della volontà di questa di rimanere anonima e deve essere esercitato secondo modalità che ne proteggano la dignità, tenendo dunque in considerazione la salute della donna e la sua condizione personale e familiare.

Tuttavia, la Suprema Corte ha precisato che tale diritto va tenuto distinto da quello ad accedere alle informazioni sanitarie sulla salute della madre, al fine di accertare la sussistenza di eventuali malattie ereditarie trasmissibili, che può essere esercitato indipendentemente dalla volontà della donna e anche prima della sua morte, purché ne sia garantito l’anonimato erga omnes, anche dunque nei confronti del figlio.

Nel caso concreto, in applicazione del principio, la S.C. ha annullato parzialmente la sentenza di merito in relazione al diniego di accesso alle informazioni sanitarie della madre (dati sanitari ricavabili dal certificato di assistenza al parto o dalla cartella clinica della partoriente).

Ha ritenuto, di contro, infondati i motivi di ricorso in relazione al diniego di accesso alla identità della propria madre naturale, per l’età molto avanzata e per le sue gravi condizioni di salute anche psichica, tali da non consentirle di prestare un valido consenso alla revoca della dichiarazione di anonimato.

La Suprema Corte mutua le linee interpretative sviluppate dalla giurisprudenza di merito secondo cui, ove sia impossibile l’interpello ai fini di una eventuale revoca della dichiarazione, in concreto deve essere denegato l’accesso del figlio nato da parto anonimo alle informazioni inerenti le proprie origini nonché l’identità della madre (Decreto del 13 maggio 2019 del Tribunale per i minorenni di Genova, pubblicato in questa Rivista, 9 settembre 2019, con nota a commento di questo Autore, “L’esistenza di fratelli naturali dell’adottato non consente l’accesso alle generalità della madre deceduta”).

L’ordinanza ricostruisce il quadro normativo che garantisce e limita il diritto del nato da parte anonimo di conoscere l’identità della madre, in relazione alle finalità dell’interesse del richiedente, evidenziando la necessità di un intervento normativo che, al di là della interpretazione “creativa” della giurisprudenza di merito, disciplini il procedimento per l’interpello della madre biologica, ai fini di una eventuale revoca di tale dichiarazione, nel conflitto tra il diritto personalissimo del figlio di accedere alla propria storia parentale e quello della madre che abbia dichiarato alla nascita di non voler essere nominata, unico soggetto cui il legislatore affida il contemperamento degli opposti interessi.

Il principio affermato dalla Prima Sezione civile della Corte si pone in linea con quello espresso dalla sentenza delle Sezioni Unite civili, n. 1946 del 2017, in un caso di morte della madre naturale, ed applica le indicazioni interpretative fornite dalla Corte EDU in tema di accesso alle origini in presenza di madre che abbia fatto la scelta dell’anonimato (Corte EDU del 25.9.2012, n. 33783/09, sul caso Godelli c. Italia).

 

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