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Cassazione a Sezioni Unite, sentenza n. 35110/2021: la pronuncia sullo stato di abbandono di un minore non può fondarsi sulla vittimizzazione secondaria della madre

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Le sezioni unite della Cassazione, con la sentenza n. 35110 del 17 novembre 2021, si sono pronunciate sui presupposti della dichiarazione di adottabilità.

Nella fattispecie, il Tribunale per i minorenni di Roma, con sentenza n. 276/2019, disposta la consulenza tecnica d’ufficio, dichiarava lo stato di adottabilità di una minore moldava, disponendo il divieto di ogni contatto tra questa e i suoi parenti.

Il Tribunale riscontrava reiterati atti di violenza e maltrattamenti da parte del padre ai danni della madre e dei suoi figli – nati da precedente matrimonio – cui corrispondeva un atteggiamento di sua totale sottomissione. Per questi motivi riteneva opportuno sospendere la responsabilità genitoriale di entrambi i genitori.

Tale decisione veniva poi interamente confermata dalla Corte d’Appello di Roma.

Avverso la sentenza della Corte d’appello veniva proposto ricorso per Cassazione. Le sezioni Unite venivano dunque investite, dalla prima sezione della Cassazione, vista la mancanza di “precedenti specifici” in materia, dell’esame della questione relativa al difetto di giurisdizione del giudice italiano in relazione allo stato di abbandono e alla dichiarazione di adottabilità di una minore moldava, ma nata e residente in Italia.

Le Sezioni Unite, con la sentenza in commento, affermano la giurisdizione del giudice Italiano ritendo di dover esaminare anche gli altri motivi di ricorso, senza necessità di rimetterne l’esame alla sezione semplice.

In riferimento alla giurisdizione, la Corte richiama la legge sul diritto internazionale privato in coordinamento con la normativa italiana sull’adozione, rilevando che la L. n. 184 del 1983, all’art. 37 bis, stabilisce che al minore straniero che si trova sul territorio italiano si applicherà la normativa italiana in materia di adozione e affidamento, mentre la L. n. 218 del 1995 all’art. 38  statuisce che “si applica il diritto italiano quando è richiesta al giudice italiano l’adozione di un minore, idonea ad attribuirgli lo stato di figlio”. Allo stesso risultato si giungerebbe volendo considerare, come parte della dottrina suggerisce, la dichiarazione di adottabilità come un istituto di protezione del minore e pertanto applicare la legge di residenza abituale del minore sulla base dell’art. 42 della L. n. 2018 del 1995 (che richiama la Convenzione dell’Aja del 1961).

In relazione invece alla vicenda processuale, le Sezioni unite, nell’accogliere il terzo e il quarto motivo del ricorso principale e il terzo del ricorso incidentale, dispongono la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’appello di Roma che dovrà nuovamente esaminare la vicenda processuale in applicazione del principio di diritto secondo il quale il ricorso alla dichiarazione di adottabilità del minore, in quanto extrama ratio, è consentito, a norma dell’art. 8 della L. n. 184 del 1983, “solo in presenza di fatti gravi, indicativi, in modo certo, dello stato di abbandono, morale e materiale (…) che devono essere specificamente dimostrati in concreto, e dei quali il giudice di merito deve dare conto nella decisione, senza possibilità di dare ingresso a giudizi sommari di incapacità genitoriale, seppure formulati da esperti della materia, non basati su precisi elementi fattuali”, non potendo in nessun caso essere fondata “sullo stato di sudditanza e assoggettamento fisico e psicologico in cui versi uno dei genitori, per effetto delle reiterate e gravi violenze subite dal marito”.

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