Le Sezioni Unite penali della Corte di Cassazione, con sentenza n. 40275 del 15 luglio 2021 (motivazione depositata l’ 8 novembre 2021), ritengono che la commissione del reato “in tempo di notte” possa integrare, anche in difetto di ulteriori circostanze di tempo, di luogo, di persona, la circostanza aggravante della c.d. “minorata difesa” (art. 61 c.p., comma 1, n. 5), sempre che sia stata raggiunta la prova che la possibilità di pubblica o privata difesa ne sia rimasta in concreto ostacolata e che non ricorrano circostanze ulteriori, di qualunque natura, idonee a neutralizzare il predetto effetto.
Il fondamento della circostanza aggravante della c.d. minorata difesa, in riferimento a ciascuna delle tipologie di elementi fattuali che possono integrarla, è stato generalmente ravvisato nel maggior disvalore che la condotta assume nei casi in cui l’agente approfitti delle possibilità di facilitazione dell’azione delittuosa offerte dal particolare contesto in cui quest’ultima viene a svolgersi; tale ratio è chiaramente evincibile dalla Relazione del Guardasigilli al Re sul codice penale del 1930, dove si chiarisce che il concetto di “minorata difesa” “non ha che due limiti: la specie della circostanza (tempo, luogo, persona) e la potenzialità di essa ad ostacolare, diminuire la difesa pubblica o privata”, e si precisa incisivamente, con rilievi che appaiono tuttora di estrema attualità, che “il tempo di notte, ad es., costituirà aggravante, solo se la difesa sia stata o ne potesse essere ostacolata; così il furto commesso di notte, ma in luogo ove vi sia concorso di gente, ad es., in una festa da ballo, non sarà aggravato”.
Tale assunto va condiviso e ribadito, tenuto conto della necessità di interpretare le preesistenti norme penali di sfavore (quale è certamente quella che prevede un circostanza aggravante) nel rispetto della sopravvenuta Costituzione repubblicana.
D’altro canto, sia pur in riferimento ad istituti diversi, la giurisprudenza costituzionale ha già evidenziato, in plurime occasioni, che l’esigenza dell’interpretazione conforme a Costituzione delle norme incriminatrici e di quelle che ne aggravano la dimensione sanzionatoria non tollera automatismi fondati su presunzioni assolute, che vulnererebbero valori costituzionali: “di contro, la previsione di una presunzione solo relativa – atta a realizzare una semplificazione del procedimento probatorio suggerita da aspetti ricorrenti del fenomeno criminoso considerato, ma comunque superabile da elementi di segno contrario – non eccede i limiti di compatibilità costituzionale (…)” (Corte Cost., n. 48 del 2015).
Per altro verso, deve precisarsi che, ai fini dell’integrazione della circostanza aggravante della c.d. “minorata difesa”, è pacificamente sufficiente anche il ricorrere di una sola circostanza di tempo, di luogo o di persona, se astrattamente idonea ad ostacolare le possibilità di pubblica o privata difesa, e sempre che in concreto tale effetto ne sia effettivamente conseguito: è pur vero che l’art 61 c.p., comma 1, n. 5, adopera il plurale (“circostanze”), ma all’evidenza in riferimento alle tre distinte tipologie di circostanze cui attribuisce rilievo.
Non può, pertanto, condividersi la necessità del concorrere, con la commissione del fatto “in tempo di notte”, di ulteriori circostanze fattuali, anche di natura diversa.
Può, quindi, affermarsi che ai fini dell’integrazione della circostanza aggravante della c.d. “minorata difesa” l’interprete deve rifuggire dalla prospettiva anche implicita della valorizzazione di presunzioni assolute, e non può limitarsi a richiamare il dato astratto della commissione del reato in tempo di notte, dovendo considerare lo specifico contesto spazio-temporale in cui si sono verificate le vicende storico-fattuali oggetto d’imputazione, sì da enucleare, in concreto, l’effettivo ostacolo alla pubblica e privata difesa che sia, in ipotesi, derivato dalla commissione del reato nella circostanza in concreto valorizzata (in questo caso, di tempo), nonchè l’approfittannento di essa da parte del soggetto agente.
Ne consegue, tenuto anche conto dell’espressa previsione contenuta nell’art 61 c.p., comma 1, n. 5, e come immediatamente riconosciuto dalla già citata Relazione del Guardasigilli al Re, che l’interprete, al fine di configurare la circostanza aggravante de qua, è chiamato ad operare tre verifiche, riguardanti, nell’ordine:
- a) l’esistenza di una circostanza di tempo, di luogo o di persona in astratto idonea ad ingenerare una situazione di “ostacolo alla pubblica o privata difesa”;
- b) la produzione in concreto dell’effetto di “ostacolo alla pubblica o privata difesa” che ne sia effettivamente derivato;
- c) il fatto che l’agente ne abbia concretamente “profittato” (avendone, quindi, consapevolezza).
Di norma, il “tempo di notte” costituisce di per sé circostanza di tempo astrattamente idonea ad ingenerare una situazione di “ostacolo alla pubblica o privata difesa”, perché di notte, secondo consolidate massime di esperienza:
– cala l’oscurità e le strade sono poco illuminate (il che favorisce la commissione di azioni delittuose, meno agevolmente visibili ab externo);
– le persone (vittime che potrebbero meglio difendersi se sveglie; terzi, che potrebbero prestare soccorso alle prime) sono dedite al riposo;
– la maggior parte delle attività (lavorative e ricreative) cessa, e di conseguenza le strade e gli uffici sono molto meno frequentati;
– la vigilanza pubblica è meno intensa ed è quindi più difficile ricevere soccorso.
Peraltro, come da epoca risalente evidenziato dalla Relazione del Guardasigilli al Re, tutto ciò non è necessariamente valido in assoluto, in ogni tempo ed in ogni luogo.
L’interprete deve, pertanto, stabilire in concreto l’effetto di “ostacolo alla pubblica o privata difesa” che sia in ipotesi derivato dalla commissione del fatto in tempo di notte, ed, in particolare:
– se le ordinarie connotazioni del tempo di notte ricorrano effettivamente nel singolo caso di specie (considerando, ad esempio, l’illuminazione e l’ubicazione del locus commissi delicti, il sonno delle vittime, la presenza di terzi in loco pronti ad intervenire, la presenza di vigilanza pubblica o privata intensa ed attiva);
– se sussistano circostanze ulteriori, di qualunque natura, atte a vanificare il predetto effetto di ostacolo: a tal fine la giurisprudenza ha sinora valorizzato essenzialmente la predisposizione di un sistema di vigilanza privata e/o di un sistema di video sorveglianza.
Occorre, infine, verificare che il soggetto agente abbia profittato di quella obiettiva situazione di vulnerabilità in cui versava il soggetto passivo.
Detta verifica soggettiva ben può essere limitata alla constatazione dell’inevitabile consapevolezza dell’avere agito in tempo di notte, in condizioni di effettiva minorata difesa per la vittima e le pubbliche autorità: la contingenza favorevole deve non solo oggettivamente sussistere, ma essere conosciuta dall’agente, che solo così ne può “profittare”.
Da ciò non consegue, tuttavia, la natura soggettiva della circostanza aggravante in esame, poiché, come chiarito anche dalla dottrina, l’art 61 c.p., comma 1, n. 5, pone prevalentemente l’accento sul ruolo assunto dalla circostanza fattuale valorizzata in riferimento alla commissione del reato.
L’onere della prova della sussistenza in concreto delle ordinarie connotazioni del tempo di notte e dell’assenza di circostanze ulteriori, atte a vanificare l’effetto di ostacolo alla pubblica e privata difesa ricollegabile all’avere agito in tempo di notte, grava naturalmente sul pubblico ministero. Per quanto non emergente ex actis, tuttavia, spetta all’imputato fornire le indicazioni e gli elementi necessari all’accertamento di circostanze fattuali altrimenti ignote che siano in astratto idonee, ove riscontrate, ad escludere la configurazione in concreto della circostanza aggravante.
Vanno conclusivamente enunciati i seguenti principi di diritto:
“ai fini dell’integrazione della circostanza aggravante della c.d. “minorata difesa”, prevista dall’art. 61 c.p., comma 1, n. 5, le circostanze di tempo, di luogo o di persona, di cui l’agente ha profittato in modo tale da ostacolare la predetta difesa, devono essere accertate alla stregua di concreti e concludenti elementi di fatto atti a dimostrare la particolare situazione di vulnerabilità – oggetto di profittamento – in cui versava il soggetto passivo, essendo necessaria, ma non sufficiente, l’idoneità astratta delle predette condizioni a favorire la commissione del reato”;
“la commissione del reato “in tempo di notte” può configurare la circostanza aggravante in esame, sempre che sia raggiunta la prova che la pubblica o privata difesa ne siano rimaste in concreto ostacolate e che non ricorrano circostanze ulteriori, di natura diversa, idonee a neutralizzare il predetto effetto”.