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Elezione di domicilio presso il difensore di ufficio e conoscenza del procedimento da parte dell’imputato assente

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Con sentenza n. 23948 del 28 novembre 2019 (motivazione – finalmente – depositata il 17 agosto 2020), le Sezioni Unite penali della Corte di Cassazione analizzano l’art. 420-bis del codice di rito.

Tale articolo di legge sancisce che la dichiarazione/elezione di domicilio, l’applicazione di misure precautelari che abbiano portato all’udienza di convalida dell’arresto/fermo, la sottoposizione del soggetto ad una misura cautelare e la nomina di un difensore di fiducia costituiscono “indici di conoscenza” del processo da parte dell’imputato/indagato.

Tali indici, però, equivalgono a “presunzioni” iuris tantum, che ammettono cioè la prova contraria eventualmente fornita dall’interessato o dal suo difensore.

Le Sezioni Unite entrano, poi, nel merito dell’idoneità dell’elezione di domicilio ai fini della pronuncia di una valida dichiarazione di assenza: detta elezione dovrà essere necessariamente “seria e reale”, basata cioè su un apprezzabile rapporto tra il soggetto indagato/imputato e il luogo presso il quale dovranno essere indirizzati gli atti da notificargli.

La prova di una siffatta serietà è necessaria al fine di verificare se l’interessato sia realmente venuto a conoscenza della citazione a giudizio a lui destinata oppure se, nonostante la regolarità della notifica fatta al domiciliatario, il primo non abbia mai avuto consapevolezza dell’inizio del processo a proprio carico. E nel caso in cui il domiciliatario sia il difensore di ufficio, qualora manchi la prova di un effettivo collegamento tra questo e l’interessato, ricorrerà l’ipotesi del domicilio inidoneo a garantire la di tale conoscenza.

Per queste ragioni, quindi, “la sola elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio, da parte dell’indagato, non è di per sé presupposto idoneo per la dichiarazione di assenza di cui all’art. 420-bis cod. proc. pen., dovendo il giudice in ogni caso verificare, anche in presenza di altri elementi, che vi sia stata un’effettiva instaurazione di un rapporto professionale tra il legale domiciliatario e l’indagato, tale da fargli ritenere con certezza che quest’ultimo abbia conoscenza del procedimento ovvero si sia sottratto volontariamente alla conoscenza del procedimento stesso”.

Quanto sopra vale, però, soltanto per le elezioni di domicilio fatte sino al 3 agosto 2017, data in cui è entrata in vigore la legge n. 103 del 23 giugno 2017 che, con l’art. 1, ha aggiunto il comma 4 bis all’art. 162 del codice di procedura penale, secondo cui “L’elezione di domicilio presso il difensore di ufficio non ha effetto se l’autorità che procede non riceve, unitamente alla dichiarazione di elezione, l’assenso del difensore domiciliatario”.

Tale disposizione è, infatti, finalizzata a ridurre al minimo le elezioni di domicilio “disattente”, quali possono essere, tipicamente, quelle fatte da “stranieri più o meno precari” (poiché presenti in Italia per sole ragioni di transito temporaneo) che, pertanto, potrebbero essere inconsapevoli delle reali conseguenze giuridiche di un’elezione di domicilio fatta presso il difensore di ufficio, vale a dire presso un individuo con il quale possono non aver ancora instaurato alcun contatto.

La Corte di Cassazione analizza poi, ma soltanto superficialmente, gli altri “indici di conoscenza” del procedimento da parte dell’imputato per come previsti dall’art. 420 bis c.p.p.

Ebbene, sia nell’ipotesi del soggetto arrestato in flagranza di reato che riesca a fuggire subito dopo la cattura (e prima ancora della formalizzazione dell’attività di polizia giudiziaria e della sua presentazione al giudice per la convalida della misura precautelare), sia nel caso in cui la misura cautelare rimanga ineseguita per irreperibilità dell’indagato, il giudice si troverà dinnanzi a indici sterili perché, come tali soltanto, inidonei a far presumere la conoscenza, da parte dell’interessato, del procedimento. Del pari, lo stesso effetto sarà conseguente all’eventualità in cui la nomina fiduciaria non venga accettata da parte del difensore: ciò in ragione dell’inesistenza di un regolare rapporto informativo fra l’avvocato e l’assistito.

La conoscenza del procedimento da parte del soggetto interessato sarà, quindi, il frutto della certa realizzazione di almeno una delle presunzioni tipizzate dall’art. 420 bis del codice di rito (le quali in ogni caso ammettono, lo si ripete, prova contraria) e della ritualità della notifica dell’atto processuale destinato all’imputato/indagato.

Ove le notifiche a quest’ultimo destinate siano regolari e ricorra (incontestabilmente) una delle sopra dette condizioni sarà possibile, per il giudice, ritenere che l’imputato sia volontariamente assente, avendo costui ricevuto notizia sia del contenuto dell’accusa, sia del giorno, dell’ora e del luogo dell’udienza.

In caso contrario, l’autorità giudicante dovrebbe disporre la notifica dell’atto processuale all’interessato “personalmente ad opera della polizia giudiziaria”, secondo il disposto dell’art. 420 quater c.p.p.

In sostanza, pertanto, l’art. 420 bis del codice di rito consentirà al giudice una più “facile” valutazione circa la acquisita conoscenza della citazione da parte dell’interessato: in presenza di uno dei presupposti codificati e di una notifica in ogni caso rituale (perché non avvenuta, ad esempio, nelle mani del diretto interessato ma in quelle della persona con questo convivente), potrà presumere la consapevolezza, da parte dell’imputato/indagato, del procedimento a proprio carico. Nel caso in cui, di contro, l’atto non sia stato notificato secondo legge, tale presunzione non sussisterà.

Alla luce dell’importanza del risultato sostanziale, vale a dire di una valida dichiarazione processuale di assenza, il giudice potrà quindi basarsi su una notifica avvenuta con modalità diverse dalla consegna nelle mani del soggetto interessato ma solo allorché ricorra una delle condizioni/presupposti sanciti dall’art. 420 bis c.p.p., la cui reale portata è quella di rendere utilizzabile la notifica effettuata non a mani proprie che, però, risulti possibile.

Solamente così il giudice avrà la certezza che l’imputato conosca la chiamata in giudizio per il dato giorno e potrà, quindi, procedere in sua assenza.

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