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Guida in stato di ebbrezza e funzionamento incerto dell’etilometro

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Con Sentenza n. 3201 del 12 Dicembre 2019   (motivazione depositata il 27 gennaio 2020), la IV Sezione penale della Corte di Cassazione ha stabilito che grava sull’accusa l’onere di fornire la prova del buon funzionamento dell’alcool test, sempre purché in precedenza l’imputato ne abbia contestato la corretta operatività.

Il processo penale è, infatti, governato dal principio generale secondo il quale dovrà essere il p.m. a provare tutti i fatti costitutivi del reato. Di contro, sarà compito dell’imputato provare la sussistenza di fatti che estinguano o modifichino una situazione giuridicamente e penalmente rilevante.

Ciò significa che il p.m., per dimostrare il superamento del tasso alcolemico consentito per legge da parte dell’autista del veicolo, dovrà introdurre nel processo elementi di prova idonei a sostenere l’efficacia dell’esame cui il guidatore è stato sottoposto. Vale a dire che in caso di esito positivo dell’alcool test, il P.M. avrà l’obbligo di fornire la dimostrazione del regolare funzionamento dell’etilometro, della sua omologazione e della sua sottoposizione alla revisione periodica.

Ove l’accusa riesca a far ciò, sarà l’imputato che, per ottenere l’assoluzione, dovrà attivarsi per contestare quanto sostenuto dal pubblico ministero, fornendo le prove delle proprie affermazioni al giudice.
Quanto sopra poiché il ragionevole affidamento che il cittadino ripone nella funzionalità dell’apparecchiatura utilizzata per la misurazione dell’alcool deriva dall’efficienza dello stesso macchinario, garantitagli dalle verifiche periodiche imposte per legge. Se tali verifiche non fossero state effettuate o fossero state effettuate male, il cittadino farebbe affidamento su un etilometro dal funzionamento assolutamente incerto.

L’omologazione, le verifiche periodiche dell’etilometro nonché le modalità tramite le quali debbono essere effettuate sono espressamente previste dall’art. 379 reg. esec. C.d.S., commi 6, 7 e 8, approvato con D.P.R. 16 novembre 1992, n. 495.

In caso di giudizio penale per guida in stato di ebbrezza, ex art. 186, comma 2, C.d.S, nell’ambito del quale assume rilievo la misurazione del livello di alcool nel sangue mediante tale strumento, all’attribuzione dell’onere della prova in capo all’accusa circa l’omologazione e l’esecuzione delle verifiche periodiche sull’apparecchio usato, farà riscontro un onere dimostrativo, da parte del soggetto accusato, circa l’inattendibilità del funzionamento della macchina.

Sarà, perciò, del tutto fisiologico che la verifica processuale del rispetto delle prescrizioni dell’art. 379 reg. esec. C.d.S. sia sollecitata dall’imputato, che dovrà dimostrare la mancanza di validità dell’accertamento eseguito nei propri confronti. (Nel caso specificamente sottoposto all’esame della Corte di Cassazione, nel corso del giudizio abbreviato il p.m. forniva al giudice scontrini dell’alcoltest che contenevano unicamente l’indicazione del numero di matricola, senza riportare i dati dell’omologazione né la taratura della macchina)

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