Con l’ordinanza n. 7262 del 4 marzo 2022 la Suprema Corte di Cassazione ha sancito che nell’ambito del giudizio di affidamento e di collocamento, il bambino ha il diritto di essere sentito, il mancato ascolto del minore infra-dodicenne circa il genitore col quale preferisce stare costituisce una violazione del fondamentale principio processualistico del contraddittorio.
L’ordinanza è il frutto dell’accoglimento del ricorso di una donna, le cui bambine erano state affidate in via esclusiva al padre e collocate presso l’abitazione dei nonni. Di fatto un provvedimento punitivo nei confronti della madre che, in pendenza del giudizio di primo grado, dove successivamente all’udienza presidenziale, i coniugi avevano raggiunto accordi in punto di affidamento e collocamento delle minori presso la madre con ampio diritto di visita del padre, si era allontanata con le figlie dall’Italia, senza il preventivo consenso del padre, per ritornare in Africa, rendendosi inadempiente agli ordini dell’Autorità giudiziaria di riportare le due bambine in Italia.
Il giudizio formulato dalla Corte meneghina mancava di ogni valutazione e disamina, in ragione degli indicati contenuti, della capacità genitoriale del padre che è stato individuato quale unico affidatario delle figlie minori – con la modalità, peraltro, che prevedono una collocazione temporanea presso i nonni materni da rivalutarsi dai Servizi sociali al rientro delle bambine in Italia – all’esito del solo severo apprezzamento delle condotte, pure non rimarchevoli, della madre.
La prima sezione civile della Cassazione prendendo le mosse dal principio secondo cui il giudice della separazione e del divorzio deve conformarsi al criterio primario dall’esclusivo interesse morale e materiale della prole, in materia di affidamento dei minori (art. 337 bis cod. civ. e, in sede di divorzio, dall’art. 6 della legge 1 dicembre 1970, n. 898), ha ribadito che il rispetto del diritto alla bigenitorialità, sostenuto dall’esclusivo interesse del minore, trova espressione nel regime ordinario di affido condiviso, sicché, là dove il giudice di merito intenda derogarvi, tanto deve avvenire per un giudizio prognostico volto a privilegiare il genitore che appaia il più idoneo a ridurre al massimo i danni derivati dalla disgregazione del nucleo familiare, assicurando il migliore sviluppo della personalità del minore.
L’individuazione di tale genitore non può pertanto muovere dal solo negativo apprezzamento dell’altro che si stimi inadeguato, quale affidatario, ad assolvere ai compiti di cura ed educazione del figlio, ma deve tradursi in un accertamento in cui l’indicata capacità venga positivamente scrutinata rispetto al genitore indicato quale unico affidatario.
Il giudizio deve essere pertanto sviluppato in via comparativa, evidenziando dell’uno, per richiamo ad elementi concreti – tra i quali le modalità con cui il genitore affidatario ha svolto in passato il proprio ruolo, con particolare riguardo alla sua capacità di relazione affettiva, di attenzione, di comprensione, di educazione, di disponibilità ad un assiduo rapporto -, la capacità o migliore capacità di far fronte agli adempimenti suoi propri e dell’altro genitore insuperabili mancanze ed inadeguatezze.
Il giudice nel formulare il giudizio prognostico deve ascoltare l’infra-dodicenne su quale sia il genitore con cui preferisce stare.
Secondo la Suprema Corte il minore è parte sostanziale nel procedimento di separazione dei suoi genitori, perché è portatore di interessi diversi, e anche contrapposti ai loro, in relazione alle decisioni a lui relative.
Dunque, l’omesso ascolto del minore infra-dodicenne integra una violazione del contraddittorio processuale tra le parti, che rende nullo il provvedimento adottato dal giudice, se non contiene una motivazione adeguata sull’assenza di discernimento del bambino.